Il peso dell’ombra

Questa fu la mia prima raccolta, caratterizzata dal pregio dell’innocenza e della rara delicatezza che ci separa dalla felicità; quella che, per dirla con Proust, ci sopraggiunge forse troppo tardi, quando ormai ne siamo indifferenti. La memoria, come il peso dell’ombra, continuerà tuttavia a conservare il respiro del tempo, sino a mostrarmene con decenza tutta la sua euforia, anche a costo dell’ingenuità e del rimpianto. Con lo stesso senso di appartenenza voglio quindi restituire tutto il mio ringraziamento per le lusinghiere parole che Mario Grasso scrisse nella sua prefazione (qui di seguito) e, soprattutto, per le conversazioni che ebbi modo di tenere con lui.  Furono per me fonte di curiosità intellettuale e arricchimento, oltre che una testimonianza di amicizia che mi ha spinto a progredire, a intravedere sempre più nella scrittura l’orizzonte della mia vita. Non dimentico la sua calorosa parola…

“Si potrebbe […] ripetere come il futuro abbia cuore antico, o richiamare altro più problematico riferimento non più ai sentimenti, al pensiero, che caratterizzano l’avvincente poesia di Roberto Valentini, ma alla “Forma madre di ogni sostanza”, citando, Andrea Zanzotto quando sembra ripudiare se stesso e le sue Pasque, nonché il passaggio dal “Paesaggio” al Petel dei balbettii, lo Zanzotto auspice ludente d’un improbabile patentino per poeti, da rilasciare solo a quanti superino l’esame tecnico dell’imbastire un sonetto. Ma la verità ricorre anche ad altre ipotesi al momento di testimoniare a favore del poeta che esprime l’inesprimibile, che dà voce al proprio “universo subliminale” quando sgomita impietoso lungo
veglie/doglie, ansie e propositi pararazionali, inseparabili ombre sadiche e beffarde del duolo della vita.. E per altri aspetti della poesia come traccia di percorsi su cui erano passate staffette dal piede veloce e messaggeri meno frettolosi, piegati, questi ultimi, a scrutare tra le orme profonde del mito, dei miti. Il lombardo Roberto Valentini ha scontato, tra studi e ricerche, quanto le strutture istituzionali civili impongono alla carriera di un serio intellettuale. Ma dimostra di non aver disgiunto e non disgiungere dalle sue applicazioni l’ascolto dell’alter ego di cui in questa densa scelta di passi-passaggi ci consegna testimonianze. Un milanese, Roberto Valentini, fuori coro e fuori mafie, che con la sua lirica sembra ricordarci come i corrieri pseudo-avanguardari, sacerdoti dell’usa e getta, storditi dai frastuoni officinali dei loro omologati laboratori di linee e vessilli territoriali, propri della industria della cultura, non possono rappresentare la poesia che scaturisce dalla solitudine e dalle ricerche che si addicono alla creatività artistica come cifra che esprime l’inesprimibile”.

(dalla prefazione di Mario Grasso)

VOLUME ESAURITO