Nell’epoca odierna, attraversata da una serie di orribili confilitti, da un incremento del disordine mondiale, da una vera e propria riteritorializzazione dei rapporti interni alle forze (sciti e sunniti) che sconvolgono l’Islam lungo le faglie di una vera propria guerra civile e nazionalsita dai molteplici interessi socio-economici, finanziari e geopolitci, diverse considerazioni dovrebbero forse, riascoltando le parole di Jacques Derrida in Politiche dell’amicizia, essere registrate nell’illustrazione dell’attualità, dalla questione dell’etnocentrismo a quelle delle condizioni rispetto a cui valutare forme di interventismo politico-militare su scala mondiale, ai problemi del “numero” e del calcolo demografico nei rapporti con la democrazia, dell’immigrazione e della cittadinanza, della rimodulazione delle strutture statali o del diritto internazionale. Altrimenti detto, innanzi al quadro di una politica delle relazioni sempre più complessa ed embricata, pare proprio che ad essere toccata sia la portata e la ricaduta della ridefinizione semantica, strategica, giuridica, diplomatica, militare della nozione di amicizia. Chi sono infatti oggi gli amici e i nemici dell’Occidente e della sua democrazia (l’Iran, il nemico atavico, il demoniaco volto dell’Islam, è oggi in prima linea assieme ai peshmerga kurdi e agli sciiti iraqueni contro l’occupazione Isis in nord Iraq, mentre la Turchia, bastione Nato in medioriente, giocando come l’Arabia Saudita un ruolo quanto mai ambiguo, solo pochi mesi or sono restava a guardare dal proprio limen, coi blindati schierati, la devastazione di Kobanê)?
Traendo spunto anhe da tali analisi derridiane il saggio pone anzitutto un interrogativo sull’intreccio fra libertà, amicizia e democrazia, proponendosi di esibire una visione che, proprio grazie alla valenza costitutiva dell’amicizia, consenta di sciogliere la vexata quaestio fra libertà e giustizia, sia evitando di sancire il predominio di un termine sull’altro, sia mirando a congiungerli secondo una diversa prospettiva (l’amicizia assieme alla libertà si porrebbe quale presupposto da cui costruire e raggiungere la giustizia medesima). La logica del dono evocata dal frammento nietzschiano “In onore dell’amicizia” imprimerebbe infatti una torsione alla sua interpretazione per richiamarla all’asimmetria, alla mancanza di ritorno nell’ospitalità, in breve all’irriducibile precedenza e prevenienza dell’altro. Contestando la rivoluzione cristiana dell’amore come il concetto greco dell’amicizia e le norme di giustizia che ne dipendono, questo ragionamento indicherebbe nel discorso nietzschiano una parola d’amicizia – l’appello che Zarathustra continua a rivolgere a dei fratelli – che sia tuttavia capace di debordare al contempo dalla fratria politica aristotelica, dalla fraternità cristiana e da quella dei Lumi, di questa ancora debitrice. Se anche per il Cristianesimo non si diventa fratelli che amando il proprio nemico come il prossimo e come se stessi, l’appello di Zarathustra invita invece all’amore del remoto e dell’avvenire; spezza cioè la catena di una volontà di riappropriazione e l’economia sublime su cui si fonderebbe lo stesso monito cristiano: la promessa d’esser soltanto in tal modo degni di Dio, e “dell’oro puro di un salario infinito”. L’amore del nemico che Zarathustra insegna è invece quello espresso con le parole “Wie viel ihr dem Freunde gebt, das will ich noch meinem Feinde geben” (“Nella stessa misura con cui voi date all’amico, voglio dare anche al mio nemico”[1]), nella cui filigrana si scrive chiaramente una definizione dell’amicizia mediante un concetto non eteronomo di dono. Se lo schema antropologico della oikia, della famiglia, col ruolo cruciale assunto dalla fraternità, funzionerebbe quale modello dei discorsi sul cosmopolitismo, il progresso e l’umanizzazione riflessa in fraternizzazione (perciò Victor Hugo, pensando l’Umanità come Nazione definitiva, poteva affermare “il continente fraterno, tale è l’avvenire”), ecco infine una libertà che compie tutti i possibili rivolgimenti, conversioni e rivoluzioni tra l’amico e il suo opposto, offrendo così ospitalità al nemico, cioè all’Altro, allo straniero, all’Unheimlichkeit, proprio all’interno dell’amico.
[1] F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Adelphi, Milano 1976, p. 66.
ISBN 978-88-8483-752-3
445 pagine
21,25 euro
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